Partnership al Progetto
Riporto di seguito una interessantissima conversazione con la giovanissima curatrice indipendente nonché museologa Fabiola Fiocco .
In ambito accademico si è occupata del ruolo del museo di arte contemporanea nella sua tesi di laurea magistrale ma anche del caso specifico del MAAM.
https://homeaway-fromhome.org/ è il suo ultimo interessantissimo progetto.
Cosa ne pensi di un
possibile ampliamento del panorama museale contemporaneo a Roma, potrebbe
funzionare?
F:Il panorama dell’arte contemporanea romana è al momento
caratterizzato da un’offerta molto ampia e dinamica che non riesce però a
permeare all'interno degli spazi museali, che pur nella sperimentazione restano
ancora ancorati a modelli storico-artistici tradizionali. Per questo motivo
penso ci sia ancora un ampio margine di ricerca di nuove architetture e modelli
istituzionali.
Di che genere di
spazi pensi ci sia bisogno se ti immagini un museo di arte contemporanea
improntato sulle nuove tecnologie dell'arte?
F:Nonostante l’utilizzo di nuove tecnologie si leghi all'idea
di una progressiva smaterializzazione dello spazio, penso che in realtà
richieda un’attenzione ancora maggiore nella progettazione dello spazio
espositivo. Sicuramente è importante mantenere gli elementi di flessibilità e
malleabilità che hanno caratterizzato il museo contemporaneo dal Centre
Pompidou ad oggi. Non solo per potersi adattare facilmente ad opere di
dimensioni estremamente variabili, spesso volte proprio a definire nuovi
ambienti fisici e sensoriali, ma per incorporare efficacemente l’elemento laboratoriale.
L’acustica e soprattutto l’utilizzo della luce sono cruciali, malgrado vengano
spesso trascurati finendo così per compromettere l'adeguata fruizione di
determinati lavori.
Ti vengono in mente
degli esempi nel panorama italiano?
F:Il MAXXI resta un modello con cui bisogna necessariamente
confrontarsi, imparando dai suoi successi e dai suoi limiti. L’Hangar Bicocca e
OGR (Officine Grandi Riparazioni) sono esempi interessanti di come attraverso
il solo allestimento si riesca a manipolare e controllare spazi di grandissime
dimensioni. Il Centro Pecci è invece un interessante caso di integrazione tra
il tradizionale white cube e lo spazio fluido dell’ipermuseo, che rimanda ad
esperienze di successo come il Museo Stedelijk di Amsterdam.Tuttavia in nessuno
di questi due casi la tecnologia riesce davvero a controllare lo spazio
architettonico, finendo spesso a doversi adeguare a formule espositive più
tradizionali. Un’interessante eccezione è stata la mostra personale del
collettivo Metahaven realizzata proprio allo Stedelijk e in cui l’allestimento
ha svolto un ruolo decisivo.
Pensando a questo
programma specifico mi sono immaginata di progettare un organismo che possa in
un qualche modo essere autosufficiente, ipotizzando finanziatori privati
(moderni mecenati come succede altrove nel Mondo), una galleria (che preveda
quindi l'acquisto di alcune opere, laddove sia possibile). Non un Museo
classico, ma un centro vivo, capace di rinnovarsi nel tempo ma anche di
"fidelizzare" i visitatori. Cosa ne pensi?
F:Il modello del Centro d’arte è oggi sicuramente affermato e
può essere considerato tra i più utilizzati nella realizzazione delle nuove
istituzioni del contemporaneo. L’ibridazione e la fusione dei media artistici
non può più prescindere da una visione più olistica e interdisciplinare delle
istituzioni. La partecipazione formale diffusa nel mondo dell’arte, che si
limita a immaginare una partecipazione superficiale e estemporanea, ha però
dimostrato i suoi limiti e per questo motivo penso che sia necessario non solo
pensare ambienti più accessibili e accoglienti ma anche davvero utili per il
fruitore. Un esempio interessante in questo senso è il Museum Of Arte Útil
concepito dall’artista Tania Bruguera e realizzato nel 2013 al Van Abbemuseum
di Eindhoven.
La componente di
alloggi destinati agli artisti che ho immaginato come una ipotetica Colonia può
avere senso nel panorama romano?
F:Il lavoro artistico e cognitivo è caratterizzato da mobilità
e precarietà, nonché da una diffusa mancanza di spazi dove lavorare e produrre.
Penso che immaginare una componente abitativa possa essere un aiuto importante,
soprattutto per artisti giovani ed emergenti che possono così condividere spazi
e risorse.
Ringrazio Fabiola con la quale sono certa possa continuare un prolifico dialogo sul contesto sociale del progetto da me ideato ma anche sul contenuto e sulla forma effettiva del "Museo" stesso.
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